Tolleranza del datore di lavoro rispetto a comportamenti vietati

18 Aprile 2025

Con la pronuncia n. 7826/2025 del 24 marzo 2025 la Suprema Corte ha esaminato il caso di un dipendente licenziato per aver fumato, insieme ad una decina di colleghi, nonostante il divieto di fumo presente per quella zona della sede di lavoro.

Il dipendente era consapevole del divieto di fumo in quella zona ma tutti si recavano lì a fumare, compresi i diretti superiori del lavoratore, senza che la società avesse mai adottato alcun provvedimento per far rispettare il divieto di fumo.

La tolleranza del datore di lavoro rispetto all’inadempimento degli obblighi gravanti sui dipendenti e certamente afferenti al rapporto di lavoro (violazione del divieto di fumare in una determinata zona) non è di per sé idonea a far venire meno l’antigiuridicità della condotta, né dal punto di vista oggettivo né dal punto di vista soggettivo.

In ipotesi di tolleranza di condotte illegittime si è affermato come non sia sufficiente la mancata reazione del soggetto deputato al controllo a far venire meno l’illiceità della condotta e che l’esclusione di responsabilità dell’autore della violazione in tanto è configurabile in quanto ricorrano elementi ulteriori, capaci di ingenerare nel trasgressore la incolpevole convinzione di liceità della condotta, sì che non possa essergli mosso neppure un addebito di negligenza.

Per integrare l’elemento soggettivo dell’illecito, è sufficiente la semplice colpa e che l’errore sulla liceità della relativa condotta, correntemente indicato come buona fede, può rilevare in termini di esclusione della responsabilità solo quando esso risulti inevitabile; a tal fine è anzi necessario che il trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per osservare la legge e che nessun rimprovero possa essergli mosso, così che l’errore risulti incolpevole, non suscettibile cioè di essere impedito dall’interessato con l’ordinaria diligenza.

Nel caso di specie, considerata pacifica l’esistenza del divieto di fumo in quella zona e la sua consapevolezza da parte del lavoratore, la Corte d’Appello ha errato nell’attribuire alla tolleranza datoriale nel reprimere le violazioni l’effetto di escludere l’antigiuridicità della condotta del dipendente, senza indagare su presenza di elementi ulteriori.

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