Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e contenuti obbligo di repêchage
Nel caso oggetto della pronuncia n. 31561/2023 della Corte di Cassazione si trattava di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato ad una lavoratrice in quanto, al momento della riapertura del locale dopo lunga chiusura a causa di un incendio, il posto di lavoro di cassiera fissa occupato dalla lavoratrice era stato soppresso.
Nel corso dell’istruttoria veniva accertato che la lavoratrice aveva sempre svolto esclusivamente mansioni di cassiera fissa e mai di addetta al bancone o ai tavoli, uniche mansioni rimaste a seguito della riorganizzazione aziendale.
Successivamente al licenziamento la società assumeva una decina di figure tra cameriere, aiuto cuoco, lavapiatti ed altri.
La Cassazione ricorda che secondo una oramai consolidata giurisprudenza spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repêchage del dipendente licenziato, senza che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili; trattandosi di prova negativa, il datore di lavoro ha sostanzialmente l’onere di fornire la prova di fatti e circostanze esistenti, di tipo indiziario o presuntivo, idonei a persuadere il giudice della veridicità di quanto allegato circa l’impossibilità di una collocazione alternativa del lavoratore nel contesto aziendale.
Ancora, è stato stabilito che il datore, prima di intimare il licenziamento, è tenuto a ricercare possibili situazioni alternative e, ove le stesse comportino l’assegnazione a mansioni inferiori, a prospettare al prestatore il demansionamento, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, potendo recedere dal rapporto solo ove la soluzione alternativa non venga accettata dal lavoratore
Ad avviso della Suprema Corte, avuto riguardo al caso di specie, una volta accertato che il datore di lavoro ha proceduto ad una serie di assunzioni contestualmente o in periodo prossimo (cfr., da ultimo, Cass. n. 12132 del 2023) al licenziamento, la verifica in ordine alla incapacità professionale del licenziato di svolgere le mansioni, anche inferiori, alle quali sono stati destinati i neoassunti deve essere effettuata non in astratto ma in concreto, sulla base di circostanze oggettivamente riscontrabili allegate dal datore ed avuto riguardo alla specifica condizione ed alla intera storia professionale di un ben individuato lavoratore; in particolare, la verifica non può essere condotta sulla base del rilievo che le successive assunzioni “hanno interessato lavoratori adibiti a mansioni non di cassiere”, bensì sulla dimostrazione in concreto che la lavoratrice non fosse in grado di occupare alcuno dei ruoli.
Ancora, a seguito della riforma dell’art. 2103 c.c., nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il riferimento ai livelli di inquadramento predisposti dalla contrattazione collettiva non può rappresentare una circostanza muta di significato, ma, anzi, costituisce un elemento che il giudice dovrà valutare per accertare in concreto se chi è stato licenziato fosse o meno in grado – sulla base di circostanze oggettivamente verificabili addotte dal datore ed avuto riguardo alla specifica formazione ed alla intera esperienza professionale del dipendente – di espletare le mansioni di chi è stato assunto ex novo, sebbene inquadrato nello stesso livello o in livello inferiore.