Esclusa la responsabilità penale del datore di lavoro che ha applicato i Protocolli COVID-19
La sentenza n. 47409/2023 della Suprema Corte di Cassazione, sezione penale, si è pronunciata in merito alla contestazione ad un datore di lavoro di una società di condotte relative alla mancata adozione in un punto vendita di strutture idonee a garantire una distanza interpersonale superiore al metro tra gli addetti alle casse e la clientela, la mancata indicazione nel Documento di Valutazione dei Rischi delle misure preventive e protettive del personale predetto nonché la mancata fornitura ai dipendenti di dispositivi di protezione individuale conformi e adeguati al rischio derivante dal virus.
La verifica della fondatezza delle contestazioni impone alla Suprema Corte di esaminare i rapporti esistenti tra le disposizioni emergenziali progressivamente introdotte nell’ordinamento, al fine di contrastare il diffondersi del virus COVID-19 e le norme poste a tutela della sicurezza dei lavoratori, penalmente sanzionate ai sensi del Decreto Legislativo n. 81/2008.
Dev’essere dunque stabilito se alle disposizioni emergenziali possa o meno essere riconosciuta una valenza derogatoria rispetto alla ordinaria portata applicativa delle norme del d.lgs. n. 81/2008, sia con riferimento a disposizioni di dettaglio sia, più in generale ed anzitutto, con riferimento al principio di massima tutela del lavoratore.
Rileva nel dettaglio l’art. 29-bis del d.l. n. 23/2020 ai sensi del quale “ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 c.c. mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali”.
La Cassazione osserva che la valorizzazione dei protocolli da parte del legislatore dell’emergenza, non è stata effettuata in termini generici o astratti, ma attraverso una diretta, indiscutibile correlazione con gli obblighi gravanti sul datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2087 c.c., nel senso appunto che, per ciò che riguarda i rischi da contagio COVID, i datori di lavoro pubblici e privati “adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 c.c.” applicando le prescrizioni e adottando le misure contenute nei protocolli.
Di conseguenza, viene rigettato il ricorso proposto dal PM e confermata l’innocenza del datore di lavoro a fronte dell’applicazione del protocollo condiviso dalle parti sociali.