l’approfondimento di… Alberto Tarlao
1. I trattamenti di integrazione salariale
L’art. 8 del Decreto Sostegni (d.l. n. 41/2021) proroga ulteriormente la cassa integrazione COVID-19. In particolare viene prevista la possibilità per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica, di richiedere:
- fino a 13 settimane di cassa integrazione ordinaria con causale “emergenza COVID-19”, da utilizzare nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno 2021.
Ne consegue che i datori di lavoro hanno complessivamente a disposizione 25 settimane di trattamenti dal 1° gennaio al 30 giugno 2021, secondo l’articolazione che segue: 12 settimane dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021 e ulteriori 13 settimane dal 1° aprile 2021 al 30 giugno 2021, come riepilogato dal Messaggio INPS n. 1297 del 26 marzo 2021;
- per i datori di lavoro che non rientrino nel campo d’applicazione della CIGO/CIGS, fino a 28 settimane di assegno ordinario FIS o CIG in deroga, da utilizzare nel periodo compreso tra il 1° aprile ed il 31 dicembre 2021.
Il Messaggio INPS n. 1297 del 26 marzo 2021 specifica che l’impianto normativo declinato dal Decreto Sostegni non prevede l’imputazione alle nuove 28 settimane dei periodi di integrazione precedentemente già richiesti e autorizzati ai sensi della legge n. 178/2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 1° aprile 2021, quindi ne deriva che il nuovo periodo di trattamenti (28 settimane) deve ritenersi aggiuntivo a quello precedente.
Conseguentemente, i datori di lavoro di cui trattasi hanno complessivamente a disposizione 40 settimane di trattamenti dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021.
Va tuttavia evidenziato che il periodo di 12 settimane previsto dall’art. 1, comma 300, della legge di bilancio 2021, deve essere collocato entro e non oltre il 30 giugno 2021.
Per i trattamenti concessi non è dovuto alcun contributo addizionale e le domande devono essere presentate, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione o riduzione dell’orario di lavoro.
Viene prorogata inoltre la CISOA (cassa integrazione salariale operai agricoli) per una durata massima pari a 120 giorni da fruire tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021.
2. I vincoli al potere di licenziamento
In linea generale e, sino al 30/06/2021, resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo (legge n.223/1991 e s.m.i.). Restano inoltre ulteriormente sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.
Resta altresì precluso a tutti i datori di lavoro, sempre sino al 30/06/2021, l’avvio della procedura e/o l’intimazione del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (art. 7 legge n.604/1966 e art.3 legge n.604/1966).
Per le aziende che beneficiano di CIG in deroga, FIS e CISOA la preclusione all’avvio di procedure di licenziamento collettivo o individuale prosegue sino al 31/10/2021 (art. 8 comma 9 d.l. n. 41/2021).
Ci si è chiesto se il blocco possa valere solo per le aziende che potrebbero beneficiare degli ammortizzatori o solo per le aziende che effettivamente ne abbiano fruito in quel periodo.
Valorizzando la Relazione Illustrativa del Decreto Sostegni riscontriamo come si precisi “…per i soli datori di lavoro che fruiscono dei trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19 [la norma] prevede un ulteriore blocco dei licenziamenti dal 1° luglio 2021 e per l’intero periodo di fruizione dei suddetti trattamenti. Poiché a decorrere dal 1° luglio il blocco dei licenziamenti è collegato alla fruizione dei trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19 ai datori di lavoro che avviino le procedure di cui ai commi 9 e 10 [licenziamento individuale o collettivo] resta preclusa la possibilità di presentare domanda di concessione dei trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19…”.
In una prima lettura, qualora le aziende che potrebbero beneficiare di CIG in deroga, FIS e CISOA non facciano effettivo ricorso a detti ammortizzatori sociali, nei loro confronti il divieto di licenziamento dovrebbe permanere solo fino al termine generale previsto per il 30 giugno 2021 e non quindi sino al 31 ottobre 2021.
In una diversa lettura, a garanzia di una maggiore tutela dei posti di lavoro nei settori particolarmente colpiti dalle restrizioni dovute alla pandemia, il blocco dei licenziamenti si protrae fino al 31/10/2021 a prescindere dalla fruizione o meno dei trattamenti di integrazione salariale da parte delle aziende.
Si rimane pertanto in attesa di un intervento chiarificatore da parte del legislatore.
Le sospensioni e preclusioni sopra citate non trovano applicazione nei seguenti casi:
- per il personale già impiegato nell’appalto e riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto;
- licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art.2112 c.c.;
- licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;
- risoluzione consensuale incentivata del rapporto di lavoro quando la medesima è prevista da un accordo collettivo aziendale da sottoscriversi con organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (con l’esclusione quindi delle RSU e delle RSA).
Si segnala da ultimo che il Tribunale di Roma, con sentenza dd. 26/02/2021, ha ritenuto che rientrino nel blocco dei licenziamenti anche quelli intimati ai dirigenti.
3. Contratti a termine
L’art. 17 del Decreto Sostegni dispone la proroga, dal 31 marzo 2021 fino al 31 dicembre 2021, della possibilità per i datori di lavoro di rinnovare o prorogare per un periodo massimo di 12 mesi (ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi) e per una volta sola, i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle causali previste dall’art. 19, comma 1 del d.lgs. n. 81/2015.
La precisazione che il rinnovo o la proroga privi di causale siano consentiti solo una volta va intesa nel senso che sono comunque ammesse ulteriori proroghe o rinnovi, se effettuate nel rispetto delle regole ordinarie.
Peraltro può ritenersi che l’ulteriore deroga in commento alla normativa vigente riguardi solo i rapporti di lavoro a tempo determinato in essere alla data di entrata in vigore del decreto, e non anche le stipulazioni di nuovi contratti che potranno intervenire nel prosieguo dell’anno.
Inoltre, il 31/12/2021 è la data ultima entro cui si può sottoscrivere l’accordo di proroga o il rinnovo, ma il contratto rinnovato o prorogato può ritenersi possa proseguire anche oltre tale scadenza, fino a un massimo di ulteriori 12 mesi.
Da ultimo, viene precisato che nell’applicazione delle sopra citate disposizioni non si tiene conto dei rinnovi e delle proroghe già intervenuti. Di conseguenza, è ammesso un ulteriore rinnovo/proroga nonostante il contratto sia già stato rinnovato/prorogato in applicazione delle norme emergenziali in vigore prima del 23 marzo 2021.
4. Esonero contributivo per le filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura
L’art. 19 del Decreto Sostegni estende l’esonero dal versamento dal versamento dei contributi previdenziali anche per il mese di gennaio 2021 alle attività identificate dai codici ATECO riportati nell’Allegato 3 al d.l. n. 137/2020 così come convertito, con modificazioni, in legge n. 176/2020.
5. Contributi a fondo perduto
L’art. 1 del Decreto Sostegni riconosce un nuovo contributo a fondo perduto a favore degli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica COVID-19.
In particolare, il contributo è riconosciuto ai soggetti titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio nazionale, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario e la cui attività non risulti cessata alla data del 23 marzo 2021. Sono inoltre esclusi coloro che apriranno partita IVA dopo il 23 marzo 2021, gli enti pubblici di cui all’art. 74 del TUIR e gli intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis del TUIR.
Il contributo a fondo perduto spetta esclusivamente ai soggetti con compensi e ricavi – relativi al periodo d’imposta 2019 – non superiori a 10 milioni di euro ed a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 sia inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019.
Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si deve fare riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi. Per il calcolo della media mensile, i soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019 devono considerare i mesi successivi a quello di attivazione.
Il requisito relativo al calo del fatturato non è richiesto per i soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019.
L’ammontare del contributo a fondo perduto è determinato in misura pari all’importo ottenuto applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019 come segue:
– 60% per i soggetti con ricavi e compensi non superiori a 100.000,00 euro;
– 50% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 100.000,00 euro e fino a 400.000,00 euro;
– 40% per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 400.000,00 euro e fino a 1 milione di euro;
– 30% per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro;
– 20% per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro.
Il contributo è in ogni caso riconosciuto per un importo minimo di:
– 1.000,00 euro per le persone fisiche;
– 2.000,00 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
In ogni caso, l’importo massimo spettante non supererà i 150.000,00 euro.
Su scelta irrevocabile dell’istante, il contributo potrà essere erogato tramite bonifico bancario direttamente sul conto corrente intestato al beneficiario o come credito d’imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione tramite modello F24.
Al fine di ottenere il contributo a fondo perduto, dovrà essere presentata, esclusivamente in via telematica, un’istanza all’Agenzia delle Entrate con l’indicazione della sussistenza dei requisiti richiesti.
Per tale ragione, con il provvedimento n. 77923 del 23 marzo 2021, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello, con le relative istruzioni, per la richiesta del contributo a fondo perduto.
Lo sportello per la presentazione delle istanze si aprirà il 30 marzo 2021 per chiudersi il 28 maggio 2021.