Tutela reintegratoria se il licenziamento non è preceduto dalla contestazione disciplinare
Nel caso oggetto della pronuncia n. 28297/2024 della Corte di Cassazione, un lavoratore veniva licenziato per giusta causa senza prima elevare alcuna contestazione d’addebito.
La giurisprudenza di legittimità, con indirizzo unanime, ha stabilito che in tema di licenziamento disciplinare, il radicale difetto di contestazione dell’infrazione determina l’inesistenza dell’intero procedimento, e non solo l’inosservanza delle norme che lo disciplinano, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria di cui al comma 4 dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, per il caso di difetto assoluto di giustificazione del provvedimento espulsivo, tale dovendosi ritenere un licenziamento disciplinare adottato senza alcuna contestazione di addebito,
Tale lettura si fonda sul precetto normativo che collega la tutela reintegratoria c.d. attenuata (art. 18, comma 4) alla insussistenza del “fatto contestato”, così ponendo la preventiva contestazione del fatto disciplinarmente rilevante quale presupposto logico e giuridico necessario per la valutazione di illegittimità del recesso in relazione alla necessaria causalità dello stesso (sul punto v. da ultimo Corte Cost. n. 128 del 2024).
Né a conclusioni diverse può condurre l’inciso contenuto nel sesto comma dell’art. 18 (“a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento”), volto unicamente a ribadire l’esistenza di una scala di priorità tra l’illegittimità del licenziamento per carenza di giusta causa, cui è connessa una tutela più ampia, e l’illegittimità dello stesso per vizi procedurali, cui si applica una tutela più lieve, con conseguente divieto di assorbimento.