Falsa denuncia contro il datore di lavoro e licenziamento
La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 29526/2022, affronta il caso di un dipendente licenziato per avere presentato una falsa denuncia in capo al legale rappresentante della società datrice di lavoro, con conseguente grave nocumento morale e materiale per la società.
La Cassazione conferma la legittimità dell’intervenuto recesso richiamando il consolidato principio secondo cui “l’esercizio del potere di denuncia, riconosciuto dall’art. 333 c.p.p., non può essere fonte di responsabilità, se non qualora il privato faccia ricorso ai pubblici poteri in maniera strumentale e distorta, ossia agendo nella piena consapevolezza della insussistenza dell’illecito o della estraneità allo stesso dell’incolpato”.
Nel giudizio penale instaurato veniva accertato da un lato che il legale rappresentante non era a conoscenza delle denunciate falsità e, dall’altro, che il lavoratore aveva presentato la denuncia solo allorquando gli era stata ribadita l’infondatezza di alcune sue rivendicazioni in termini di inquadramento.
Pertanto, dalla concatenazione logica e cronologica dei fatti è emerso in maniera chiara che la denuncia querela sia stata presentata non per rimuovere una situazione di illegalità o per tutelare i diritti del lavoratore querelante ma con la volontà di danneggiare il datore di lavoro per vendicarsi del mancato riconoscimento delle proprie rivendicazioni.
La denuncia ha comportato un accesso dei Carabinieri presso la sede della società, arrecando un grave danno morale alla società incolpata di aver assunto consapevolmente ed in maniera illegale dei lavoratori introdottisi clandestinamente nel territorio italiano, realizzando una “condotta atta ad arrecare grave nocumento morale e materiale” legittimante il licenziamento ai sensi dell’art. 54 CCNL Gomma Plastica applicabile al rapporto.